…Sì, mangiare!

29 ottobre 2015 Igor Mario Medved

Tante cose che ci circondano, forse tutte in effetti, hanno un loro profumo.
Fiori, oggetti, persone, spesso le riconosciamo dal loro odore, senza nemmeno aprire gli occhi.
Anche certe situazioni hanno un loro odore… ad esempio Lucca Comics & Games.

Tralasciando il volo pindarico di emozioni suscitato dal profumo della carta nuova di un libro fresco di stampa o delle action figures appena tolte dalla confezione, scendiamo un poco più giù del cuore, e concentriamoci sullo stomaco.

Perché chi varca la soglia delle mura di Lucca, in un mattino fresco di pioggia e foglie dorate verrà subitamente avvolto dall’inebriante profumo di peperoni alla griglia, salsicce alla piastra e chi più ne ha più ne metta. Siamo italiani, non fingiamo, noi il cibo se possiamo lo mettiamo ovunque, il cibo lo ritraiamo, lo fotografiamo, insomma, noi mangiamo.

Ed è inevitabile che un evento grande come Lucca Comics & Games non abbia un suo riflesso gastronomico, leggiamo fumetti, ascoltiamo concerti, ammazziamo zombie… e poi?

E poi mangiamo! Dopo le biglietterie e gli stand la prima cosa che cercano i visitatori è dove potersi cibare. L’intraprendenza dei ristoratori del centro storico in questo trova il massimo della sua espressione, e ovunque tra vetrine piene di fumetti troviamo vetrine zeppe di panini e quant’altro!

Non c’è nemmeno più spazio per i croissant questa mattina in uno dei bar più frequentati di Via San Paolino, i bignè e gli éclair han lasciato spazio a panini, focacce e ogni sorta di ben di Dio.

“Certo, che cambiamento da ieri” viene da esclamare mentre la barista macchia il nostro caffè, “Eh che ti devo dire? Questi tizi qua, com’è che si chiamano?”
“I cosplayer dici?”
“Sì loro, quelli coi costumini e i capelli colorati, eh quelli mangiano eccome se mangiano!”, e sbuffa mentre zuccheriamo il caffè “Con tutta la pioggia di oggi però, certo speriamo di venderlo qualche panino”.

Il tempo di finire la frase che subito entrano due “tizi coi costumini” e si portano via quattro panini, e sono solo le otto del mattino.

La pausa caffè del pomeriggio è quasi impossibile farla, ci guarda male la cameriera che fino a ieri ci serviva lo spritz con tanto garbo e oggi si adombra perché non prendiamo nemmeno un panino con la porchetta, manco pensavamo l’avessero la porchetta in quel bar tanto carino ed elegante di via Fillungo.

Tornando in fretta e furia verso la sede di lavoro notiamo un bar che prima non c’era… tre passi indietro… eh, un attimo ma questo non è un bar!

E restiamo esterrefatti nel vedere la distinta commessa del negozio di abbigliamento, seduta dietro quella che ieri era una cassa e oggi un banco di paninoteca.

Insomma, alla fine, ovunque ci troviamo, vogliamo mangiare. Alla fine siamo italiani no?

 

Di Igor Mario Medved