Giappone, andata e ritorno

30 ottobre 2014 Igor Mario Medved

japan town-interna

Gundam pronto all’azione dentro una chiesa del XIII secolo, un ninja che lancia i suoi shuriken dentro un chiostro medioevale possono creare un attimo di smarrimento nell’ignaro visitatore ma non per il pubblico di Lucca Comics & Games.
Nel complesso conventuale di San Francesco a Lucca, quasi per magia è sorta una città, non una città qualunque ma una metropoli orientale pronta ad accogliere con i suoi colori e profumi chiunque voglia smarrirsi nel suo caos.
Si arriva impreparati a Japan Town, non è un semplice settore di una fiera internazionale dove si viene col portafogli in mano, si sceglie qualcosa, si compra e via al prossimo stand, qui le dimensioni e le percezioni cambiano.
Bisogna fermarsi un secondo e guardarsi intorno, il caleidoscopio di cose e persone lascia senza fiato.
Entrare in questo che ad un primo sguardo sembra un sobborgo di Tokyo fa venir subito la voglia di acquistare qualcosa, un viaggio non è degno di questo nome se non si comprano i souvenir di rito.
Si vorrebbe comprare tutto ma ci si pone un limite economico, ricordiamoci che Lucca Comics & Games dura quattro giorni…ma spendere almeno cento euro a Japan Town è d’obbligo!
Una volta entrati qui nasce l’esigenza apparentemente ovvia di comprarsi una katana e un wakizashi: chi non ha mai desiderato di impugnare una spada da samurai? Detto fatto!
Preso il wakizashi, abbiamo ancora abbastanza denaro per proseguire il nostro viaggio in Estremo Oriente.
Bisogna assolutamente mangiare qualcosa, il cibo dei cartoni animati ci aspetta al Mangiappone e in un attimo ci sentiamo come i protagonisti del nostro manga preferito.
Sgranocchiando un takoyaki ci avviciniamo ad uno degli espositori che vende i gadget dei nostri anime preferiti, dopo un rapido sguardo ovviamente qualcosa rimane in tasca, l’action figure del nostro eroe più amato e il cd della nostra band j-pop preferita fanno capolino dalle nostre tasche.
Come in cartone animato i nostri occhi escono letteralmente dalle orbite mentre delle gothic lolita passeggiano con fare civettuolo e una signora col kimono abbassa lo sguardo e educatamente saluta.
Nessuno sa farli ma gli origami fanno sempre il loro effetto e comprare per pochi euro una confezione di carta giapponese fa nascere l’ennesima ovvia esigenza di imparare l’arte nipponica di creare figure di carta e comporre haiku.
Le tasche si appesantiscono e il portafoglio è un poco più leggero.
Non manca nulla a Japan Town, e dopo aver acquistato un paio di bamboline kokeshi di legno da regalare a Natale e un maneki neko da tenere sul comodino, indossiamo il cappello di Keroro e proseguiamo.
Ci frughiamo fra le tasche, abbiamo il wakizashi del samurai e ora vogliamo imparare a tirare lo shuriken come ogni ninja che si rispetti.
Armati di tutto punto potremmo ritenerci soddisfatti ma si può andare in giro per Tokyo senza fermarsi in un Maid Cafè?
Decidiamo di spendere i pochi euro rimasti in compagnia di una gentilissima maid che dopo averci detto in un giapponese correttissimo che fingiamo di capire: Okaerinasaimase, goshujinsama! (Ben rientrato a casa, onorato padrone!) si siede insieme a noi mentre sorseggiamo il nostro caffè parlando del più e del meno.
Un occhio all’orologio e un’occhio al portafoglio e a malincuore dobbiamo lasciare l’Asia e tornare in Italia.
Mappa alla mano ci guardiamo intorno spaesati…
A sinistra una villa piena di assassini, a destra una piazza presidiata da stormtrooper.
Dove andiamo?

di Igor Mario Medved