Gipi: intervista a un Bruto mancato

31 ottobre 2015 Senza categoria

gipi

Lucca Comics & Games 2015 segna una tappa memorabile nella vita artistica di Gianni “Gipi” Pacinotti. Dopo il fumetto, l’illustrazione e il cinema, Gipi sperimenta nel campo del gaming e presenta Bruti, un gioco di carte di ambientazione fantasy che permette di far combattere personaggi bizzarri, ispirati all’Armata Brancaleone.
Lanciato da un crowdfunding di grandissimo successo, il gioco è arrivato dalle stamperie in Germania proprio qui a Lucca, con dei tempi così serrati che non hanno permesso nemmeno allo stesso Gipi di vedere come fosse venuto il materiale.
Un salto nel buio con lieto fine, perché la qualità dei tanti mazzi in vendita è davvero notevole.
Gipi, per Bruti avevi immaginato uno stile grafico molto diverso, vero?
Ho iniziato a progettarlo per fare un gioco: non pensavo assolutamente di disegnarlo io, anche perché il tema era il combattimento medioevale fantasy. Non pensavo fosse adatto al mio modo di disegnare. Poi, Roberto Recchioni mi ha sgridato, dicendomi: “perché non te lo disegni da solo?”
A quel punto ho provato e non mi sono più fermato. Ho fatto più di 300 illustrazioni.

Come è cominciato il tuo rapporto col fantasy?
Ho iniziato a giocare a Dungeons & Dragons da giovanotto, facendo il master perché nessuno dei miei amici voleva mai imparare le regole: è stata una bella palestra per imparare a inventare storie. Poi per tanti anni non ho mai più toccato l’argomento, ma passati i 50 anni mi sono detto: “perché non tornare a divertirmi come quando ero un ragazzo?” Così è cominciato tutto.

Come è nata l’idea del gioco?
Ho sempre avuto una passione per il combattimento.
So che a guardarmi non si direbbe, visto che peso 60 kg bagnato, ma ho fatto per tanti, tanti anni full contact. Quando ho smesso perché mi ero fatto molto male, mi è rimasta quella passione lì.

All’inizio cercavo di simulare uno scontro corpo a corpo: mi trovavo proprio in casa a fare le mosse, pensando a come trasformarle in una carta o in un’azione. Ho cominciato a lavorare ai vari tipi di colpo, poi ho traslato tutto sul combattimento all’arma bianca, ho lavorato sulle difese, le parate, le schivate e a quel punto mi è scoppiato in mano…

Uno degli aspetti più appassionanti del gioco di ruolo è la possibilità di impersonare personaggi diversi da te. Questo collima col modo in cui costruisci i personaggi nelle tue storie?
Le mie storie hanno sempre avuto molti spunti autobiografici, quindi il mio lavoro di invenzione è stato minimo. Di solito prendevo i miei amici più cari, li ricordavo quando erano ragazzi, li modificavo un po’ e diventavano i miei personaggi. Qui invece è tutta fantasia. L’ispirazione l’ho avuta da Brancaleone

Brancaleone VS Tolkien? Non è una scelta controcorrente, considerando i tanti autori che si ispirano alla tradizione anglosassone?
Anche io guardo a quegli autori. Da ragazzino “Il Signore degli Anelli” l’avrò letto tre volte. Però se devo andare a fare una cosa mia, mi piace ambientarla a casa mia. I miei personaggi non sono eroici, non sono muscolosoni: sono degli estratti di figure particolarmente prepotenti che ho conosciuto oppure sono ispirati a personaggi dell’Armata Brancaleone. E’ una roba più locale, più mia, che conosco meglio.

E’ vero che tu agli inizi eri molto appassionato allo stile pittorico di Frazetta e hai cercato di disegnare come lui?
Assolutamente sì, sono cresciuto cercando di disegnare nel modo migliore in termini classici. Poi però, quando ho voluto raccontare le mie storie ho avuto bisogno di un’altra forma, perché quella classica non si adattava a niente di ciò che volevo raccontare. Quindi ho decostruito tutta lo stile di disegno per arrivare a una sintesi.
Ora sto recuperando il lato un po’ più ricercato.
Un anno e mezzo fa è cambiata la mia esistenza in meglio, mi sono levato un sacco delle paturnie che mi intristivano in passato. Evidentemente questa cosa ha fatto sì che il lato più giocoso e ragazzino – se c’è ancora, visto che oggi sono anziano di mio – sia venuto fuori.

Hai girato un corto che si intitolava “Vaffanculo del Terzo Tipo” con gli alieni che sbarcavano sul lago di Massaciuccoli. Lo sai che recentemente c’è stato un avvistamento UFO in questa zona? Adesso cosa direbbero?
L’ho girato tanti anni fa, nel 2001. Nel mio corto arrivavano i marziani e la gente li prendeva a sassate, dicendo: “ma che siete venuto a fare? Dovevate arrivare negli anni ‘60, adesso siamo fottuti.” E quindi c’erano questi omini del luogo con i pietroni che li prendevano a sassate.

Momento più divertente grazie a bruti?
Quando i primi ragazzi che hanno provato il gioco hanno iniziato a giocare, dopo aver imparato le regole in una decina di minuti. Si sono scordati completamente che l’avevo fatto, hanno cercato di staccarmi la testa a legnate, si sono infervorati, urlavano e lì ho capito che avevo fatto una cosa buona. E poi stamattina abbiamo fatto le partite e sono state pazzesche, pazzesche!

Hai introdotto il regolamento con un fumetto, perché?
Io in parallelo al gioco stavo lavorando a una storia fantastica medievale. Da quella storia alcuni personaggi sono finiti dentro al gioco. Quando mi sono trovato a dover scrivere l’introduzione mi sono chiesto perché non farlo col mio mezzo? Quindi mi sono fatto una sorta di trailer di quella che sarà la storia di Bruti a fumetti e l’ho usata come intro.

Chi sarà il disegnatore della storia di bruti a fumetti?
Non posso dirtelo, ma è molto più bravo di me. E’ bravissimo.

Come ti sei trovato a lavorare sulla copertina di “YA” il nuovo romanzo di Roberto Recchioni?
Mi son trovato bene, anche se è stato un lavoro molto difficile. Roberto è un amico: ho intuito quanto tenesse al suo lavoro su quel romanzo e ho intuito la partecipazione che lui aveva per i suoi personaggi. Così gli ho chiesto di raccontarmeli in una mail per poterli visualizzare e il modo in cui me li ha descritti dimostrava quanto lui ci fosse attaccato. Quindi avevo molta paura a toccarglieli. Però lui mi vuol bene, gli piace come lavoro e quindi gli ho mandato una foto al volo della prima versione a matita, lui mi ha risposto tutto entusiasta e da lì è andata liscia.

In Bruti hai una carta o una mossa per fregare tutti e vincere sempre?
La cosa tristissima è che perdo 9 volte su 10. Cosa che mi sembra perfettamente ingiusta, visto che mi ci sono fatto un mazzo pazzesco. Mi sono fatto il mazzo per fare il mazzo!
Almeno hai una carta tua, tu ci sei nel gioco.
Io ci sono in tutte. Un paio di personaggi mi somigliano. Quelli più brutti mi somigliano di più, diciamolo. Però voglio loro bene come se fossero dei figli.

Quando ti sei trovato a vincere per la prima volta come è stato?
Non è tanto quello. Io la prima emozione l’ho avuta col prototipo. La prima fase di test l’ho fatta provare solo a non giocatori. Stando a Roma e conoscendo persone di tutt’altro ambiente, mi ritrovavo con scrittori, attori, sceneggiatori, persino il mio agente. C’era gente che mi guardava anche male quando parlavo loro di giochi da tavolo. Tuttavia, dopo un po’ che giocavano, quando li ho visti tutti infervorati ho detto: “ok, ho preso una buona via”. Quello è stato un momento bello.

Chi è che vorresti rappresentare nel gioco e che non l’hai ancora fatto?
Dovrei farne una per Andrea Angiolino, che mi ha aiutato alla stesura finale del regolamento. Ha apprezzato il gioco quando l’ha provato e mi ha dato una fiducia mostruosa.

Questa è la tua Lucca più fantasy?
Sta anche diventando la Lucca più divertente della mia carriera, anche se forse non dovrei dirlo…

Di Fabrizio Furchì