Dungeoneering (ovvero Jeremy Crawford)

31 ottobre 2015 Senza categoria

DeD-crawford

La scorsa edizione di Lucca Comics & Games ha visto tanti eventi per il quarantesimo compleanno del gioco di ruolo più giocato al mondo, cioè Dungeons & Dragons. Proprio nel 2014 D&D ha visto la nascita ufficiale della sua quinta edizione, che Lucca ha festeggiato con un ricco programma di incontri e conferenze. Tra i grandi nomi presenti per festeggiare questo evento, spiccava naturalmente quello di Jeremy Crawford, che è tornato come ospite anche a Lucca Comics & Games 2015.

Jeremy Crawford è un game designer da oltre un decennio, diventato famosissimo nel mondo dei giocatori di ruolo quando ha firmato la quinta edizione di D&D, che da molti viene definita come una delle edizioni migliori se non la migliore del notissimo gdr fantasy; ma in passato la firma di Crawford era già nota agli addetti del settore (per D&D 4a edizione ha pubblicato infatti il Player’s Handbook 2, il Dungeon Master Kit, e il supplemento Heroes of the Fallen Land). Ma meno conosciuto è forse il suo lavoro più interessante, il gioco di ruolo Blue Rose, edito nel 2005 dalla Green Ronin Publications. Blue Rose è un gioco di ruolo basato sul sistema True D20 di genere fantasy, ma è particolare rispetto a quasi ogni altro gdr cogenerico: infatti in Blue Rose la componente di roleplay è dominante rispetto a quella di dicerolling, anche perché Blue Rose è uno dei pochissimi (probabilmente l’unico) gdr Romantic Fantasy, in cui le vicende personali non solo dei giocatori ma anche dei personaggi non giocanti più importanti prendono il sopravvento su guerre e battaglie; si tratta di un genere davvero poco seguito nel gioco di ruolo “old school”, ispirato non poco alle opere di autrici come Mercedes Lackey (la prolifica autrice dei cicli di Velgarth) o Diane Duane (autrice di diversi romanzi tra cui la serie Young Wizards). Questa preferenza del roleplay sul “rollplay” da parte di Crawford era già visibile – nemmeno tanto velatamente – nella quinta edizione di D&D, ma diventa davvero chiarissima quando si ha la fortuna di giocare una delle sue avventure.

Fortuna che alcuni giocatori hanno potuto condividere quest’anno a Lucca, perché Crawford è tornato tra le altre cose anche per fare da Dungeon Master ad un’avventura da lui scritta apposta per Lucca 2015 come prosieguo di quella già giocata con lui lo scorso anno. Naturalmente in questo resoconto cercherò di non svelare la trama dell’avventura giocata, perché si potrà nuovamente sedere al tavolo con Crawford anche domenica 1 novembre; tuttavia ritengo davvero illuminante poter raccontare l’esperienza da giocatore con Crawford come Dungeon Master. Va detto che io, pur essendo giocatore di vecchia data di D&D, ho sempre preferito il roleplay al puro e semplice tirare i dadi, e lo stile di Crawford è stato davvero una sorpresa piacevolissima nella già eccellente esperienza ludica di Lucca Comics & Games 2015. Va anche menzionato che nella partita giocata, che è andata avanti dalle 14:20 circa fino ad oltre le 18:30, ho avuto la fortuna di poter giocare forse il personaggio che più amo nei setting fantasy: il paladino umano (anche se in questo caso in forma di Avenger).

Lo stile di Dungeon Mastering di Crawford è eccellente: non si dilunga in descrizioni troppo tediose ma riesce a trasmettere ai giocatori l’essenza di quel che vedono, lasciando che la nostra fantasia riempia i dettagli. Non si limita ad imporre i risultati dei dadi, ma li interpreta permettendo ad ogni tiro di diventare parte del racconto. Soprattutto, come credo facciano molti di noi DM, non applica il regolamento in maniera fredda ed aritmetica, ma lo usa come una cornice nella quale dipingere la sua storia. Così, persino durante i combattimenti il mondo descritto da Crawford prende vita in breve ma evocative descrizioni, nelle voci dei vari personaggi, nelle espressioni, nella gestualità, che Crawford – quasi come un consumato attore di teatro – utilizza dietro lo schermo da DM. La prima, ovvia conseguenza del suo stile è che noi giocatori diventiamo sue “spalle” teatrali, perché la voglia di interpretare il proprio personaggio, di dialogare tra eroi usando voci e modi di parlare che riteniamo appropriati al nostro alter ego fantasy, è assolutamente spontanea ed immediata.

Durante la partita, poi, i giocatori hanno la possibilità di costruire gli eventi. Mai, rinnegando le regole, semplicemente adattandole alle necessità della partita. Così, se un incantesimo non può colpire un oggetto, ma colpire quell’oggetto serve a costruire l’atmosfera o il climax di uno scontro, Crawford lascia che l’azione venga eseguita: il fallimento è scontato, ma qualcosa accade che porta avanti la narrazione. Allo stesso modo, durante le fasi di gioco di ruolo puro, Crawford usa molto gli skill check, ma in maniera decisamente intelligente e perfettamente integrata nella storia, e rilascia informazioni man mano che i giocatori costruiscono attorno a loro le relazioni sensitive col mondo da lui descritto. Dopo i primi cinque minuti di partita, quasi dimentichiamo di avere dadi e schede davanti a noi, e costruiamo insieme al nostro DM d’eccezione la storia della storia, l’avventura dell’avventura, in un susseguirsi di scene che non sono mai noiose, mai statiche, persino quando potrebbero sembrarlo ad un osservatore esterno, perché davvero rappresentano momenti di un’altra vita, di un’esistenza che noi giocatori di ruolo conosciamo meglio di chi invece frequenta questo mondo poco o nulla. Un’esistenza che crea sensibilità, rispetto, cultura, che forma i caratteri, che rende ogni giorno unico. Sembra un’esagerazione, ma il gioco di ruolo – ormai non è più certo un mistero – è davvero formativo; anche in questo senso una partita a D&D con Jeremy Crawford è un’esperienza incredibile, difficilissima a rendere con semplici parole scritte nell’oceano virtuale della Rete, eppure un’esperienza che incanta, che rende quelle ore parte di un sogno, e che ha reso indimenticabile la mia personale Lucca Comics & Games 2015.

di Marco Signore